Autore: DOTT.SSA GIORGIA MARCHESI
Questa donna rappresenta la maggioranza delle persone che incontro.
Ogni giorno sento storie di chi sa esattamente cosa dovrebbe fare per stare meglio. Hanno letto i libri giusti, seguito i corsi, compreso le dinamiche. Eppure, quando arriva il momento di agire, si ritrovano fermi. Immobili. Come paralizzati da una forza potente.
Quella forza ha un nome: resistenza al cambiamento.
La resistenza sta cercando di proteggerti. Sì, proprio quella voce interiore che ti ti dice "meglio di no", "è troppo rischioso", "non è il momento giusto". Quella sensazione fisica che ti blocca lo stomaco quando pensi di fare quel passo. Questo è un sistema di allarme antico quanto la sopravvivenza umana.
"Tra lo stimolo e la risposta c'è uno spazio. In quello spazio c'è il nostro potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta giacciono la nostra crescita e la nostra libertà." – Viktor Frankl - neurologo psichiatra austriaco
Il problema? Questo sistema è rimasto bloccato ai tempi in cui un cambiamento poteva significare la morte. Oggi, lasciare un lavoro insoddisfacente significa rischiare l'incertezza economica, non incontrare un predatore. Ma il tuo corpo risponde allo stesso modo.
La settimana scorsa, durante una classe di bioenergetica, ho chiesto ai partecipanti di provare una respirazione più profonda del solito. Una persona, un manager stressato, si è fermato dopo trenta secondi. "Mi viene l'ansia", ha detto.
L'esercizio non stava causando ansia. Quella respirazione avrebbe fatto emergere le emozioni represse. La rabbia non espressa. La tristezza congelata da anni. La sua resistenza lo stava proteggendo da quel confronto.
Proteggerti da cosa provi significa sopravvivere, vivere significa attraversarlo.
Proviamo ad individuare come la resistenza al cambiamento abbia maschere diverse. Riconoscerle è il primo passo per liberarsene.
Quella voce razionale trova mille motivi per cui il cambiamento è una cattiva idea. "Aspetto il momento giusto." "E se poi peggiora?" "Mi mancano le risorse necessarie."
La mente ama le certezze. Anche quando quelle certezze ti rendono infelice, almeno sono conosciute. Il cambiamento porta incertezza, e l'incertezza attiva l'allarme. Così la mente inizia a cercare conferme che lo status quo sia la scelta migliore, ignorando sistematicamente tutte le prove del contrario.
La persona che rimane in una relazione morta perché "almeno so cosa aspettarmi" preferisce la sofferenza familiare al rischio dell'ignoto.
Questa resistenza parla attraverso sintomi.
Ti viene mal di testa ogni volta che pensi di fare quel cambiamento importante. Ti si chiude lo stomaco. Ti senti improvvisamente esausto. Il corpo registra tutto ciò che la mente cerca di ignorare, e quando percepisce una minaccia alla tua sicurezza - anche solo percepita - si contrae.
Durante le sessioni di counseling somatico, vedo corpi che raccontano storie che le bocche tacciono. Spalle che sono bloccate da tanto tempo che comunicano "devo proteggermi". Mandibole serrate che dicono "devo tenere tutto sotto controllo". Diaframmi bloccati che impediscono respiri profondi perché "sentire è pericoloso".
"Ho paura." "È troppo." "Non ce la faccio."
La resistenza emotiva è diretta. Ti dice chiaramente che hai paura. Il problema è che spesso quella paura è sproporzionata rispetto al rischio reale. È la paura di un bambino che ha imparato a proteggersi chiudendosi, e ora, da adulto, continua a farlo anche quando non serve più.
"Ciò a cui resistiamo persiste." – Carl Jung
Giovedì scorso, durante il percorso di meditazione una partecipante è scoppiata a piangere. "Non piangevo così da anni", mi ha detto dopo. "Avevo dimenticato che potevo." Aveva talmente paura di sentire quella tristezza che l'aveva sepolta sotto strati di razionalizzazioni e distrazioni. La resistenza emotiva l'aveva tenuta "al sicuro" dalla sua vulnerabilità. Ma anche dalla sua umanità.
Questi sono i legami con il tuo sistema familiare.
Hai mai notato che, proprio quando stai per fare un salto importante nella tua vita, succede qualcosa che ti trattiene? Una crisi familiare. Un senso di colpa. La sensazione che "tradiresti" qualcuno se cambiassi davvero.
Nelle costellazioni familiari, vedo costantemente persone bloccate da lealtà inconsce. La figlia che si ammala prima di un successo professionale perché la madre soffriva ogni volta che lei brillava. Il figlio che sabota ogni relazione perché nel suo sistema "amare significa soffrire". La persona che ripete lo stesso schema di dolore perché, a un livello profondo, questo la tiene legata a chi ama.
La nostra mente ha sviluppato strategie sofisticate per mantenerci esattamente dove siamo.
"Meglio il male che conosco" – Il bias dello status quo. Preferire ciò che è familiare anche quando è doloroso. La persona che resta in un lavoro che odia perché "almeno qui so come funziona".
"Ho già investito troppo per mollare ora" – L'errore dei costi irrecuperabili. Rimanere in una situazione perché ci hai già messo tempo, energia, anni della tua vita. Come continuare a guardare un film pessimo solo perché hai già visto un'ora.
"Vedo solo quello che conferma ciò che penso" – Il bias di conferma. Se sei convinto che il cambiamento sia impossibile, noterai solo le prove che ti danno ragione. Ignorerai sistematicamente tutto ciò che ti dimostra il contrario.
"Perdo sempre più di quanto guadagno" – L'avversione alla perdita. Sentiamo il dolore di lasciare andare qualcosa molto più intensamente della gioia di guadagnare qualcosa di nuovo. Questo rende più facile rimanere dove sei che rischiare.
Prova ad individuare quali sono quelle che più di frequente utilizzi per impedirti di raggiungere il cambiamento che desideri...
C'è un livello ancora più profondo. Un livello dove la resistenza tocca chi sei.
"Se cambio, chi sono?"
Questa domanda terrorizza più di tutte. La nostra identità è costruita sulle nostre routine, sui nostri ruoli, sulle nostre certezze. "Sono la persona affidabile su cui tutti contano." "Sono quella che controlla tutto." "Sono quella che si arrangia sempre da sola."
E se cambiassi, se lasciassi andare quel controllo, se ammettessi di aver bisogno... chi resteresti?
"La vita comincia dove finisce la tua zona di comfort." – Neale Donald Walsch
Giovedì ho lavorato con una donna che per trent'anni si è identificata con il ruolo di "quella forte". Ha cresciuto i figli da sola, ha affrontato lutti e crisi senza mai chiedere aiuto. Ora, con i figli cresciuti e una vita finalmente più calma, si ritrova persa. "Se smetto di risolvere i problemi di tutti, chi sono?"
La resistenza al cambiamento, a quel livello, è resistenza a perdere se stessi.
C'è un altro trucco che la mente usa: l'illusione che, se non cambi, manterrai il controllo.
Hai controllo solo su come reagisci a ciò che accade.
Puoi resistere al cambiamento quanto vuoi. Puoi aggrapparti al tuo lavoro, alla tua relazione, alle tue certezze. Ma la vita cambierà comunque. L'unica differenza è se scegli tu di cambiare con consapevolezza, o se aspetti che la vita ti costringa.
L'ho visto troppe volte. La persona che si aggrappa al lavoro stressante finché arriva il burnout. Quella che ignora i problemi di coppia finché il partner se ne va. Quella che reprime le emozioni finché il corpo si ammala.
La resistenza al cambiamento rende il cambiamento più doloroso.
Ora arriva la parte importante. Riconoscere le resistenze è fondamentale, ma se ti fermi lì, rischi solo di sentirti ancora più bloccato.
La domanda vera è: come si scioglie una resistenza?
La resistenza si scioglie attraverso tre passaggi, e il primo potrebbe sorprenderti: non combatterla.
Ogni volta che cerchi di forzare un cambiamento contro la tua resistenza, crei una guerra interna. E nelle guerre interne vince sempre il sabotaggio. Ti forzi a fare quella cosa, poi ricadi nel vecchio schema. È estenuante.
1. Riconoscimento
"Ecco. C'è una parte di me che sta resistendo per proteggermi."
Questa semplice consapevolezza cambia tutto. Passi dall'essere in guerra con te stesso all'essere curioso. "Cosa mi sta proteggendo questa resistenza? Da cosa mi tiene al sicuro?"
Martedì scorso, quella donna dell'inizio ha avuto un'intuizione: "Forse resisto al cambiamento perché, se resto in questa relazione che mi svuota, evito di scoprire che il problema sono io, la mia incapacità di stare sola."
Questa è una verità che fa male. Ma è anche la porta per uscire.
2. Gratitudine
Sembra assurdo. Ringraziare la tua resistenza?
Pensa a quanto ha lavorato per te. A quante volte ti ha protetto da scelte affrettate, da dolori che avresti potuto affrontare prematuramente, da rischi reali. La tua resistenza ha fatto del suo meglio con gli strumenti che aveva.
"Grazie per avermi protetto finora. Apprezzo ciò che hai fatto per me."
Questa frase, detta con sincerità, ammorbidisce qualcosa dentro. È come dire a un guardiano che ha vigilato per anni: "Puoi riposarti ora. Da qui in poi ci penso io."
3. Negoziazione
Si tratta di rendere la resistenza un'alleata, dialogare con lei.
"Quello che respingiamo ci sottomette. Quello che accettiamo ci trasforma." – Carl Gustav Jung
"Ok, sento che ho paura di questo cambiamento. Cosa posso fare per renderlo più sicuro? Di cosa ha bisogno questa parte di me per sentirsi protetta mentre cambio?"
A volte la risposta è: andare più piano. Fare piccoli passi invece di grandi salti. Creare una rete di supporto prima di fare il cambiamento. Sviluppare nuove risorse interne attraverso pratiche come la bioenergetica, la mindfulness o il counseling.
La resistenza spesso si ammorbidisce quando sente di essere ascoltata, non combattuta.
Ecco cosa puoi fare, concretamente, quando senti di essere bloccato da una resistenza.
Quando noti una resistenza (procrastinazione, ansia, evitamento), fermati e chiediti:
"Se questa resistenza potesse parlare, cosa mi direbbe? Cosa sta cercando di proteggermi?"
Siediti in silenzio per qualche minuto e ascolta. A volte la risposta arriva come una sensazione nel corpo, prima che come un pensiero chiaro.
Faccio questo esercizio spesso durante le sessioni. Una volta, una donna mi disse: "La mia resistenza mi sta dicendo: se cambi lavoro e fallisci, dovrai ammettere che forse il problema sei tu, la tua incapacità."
Quella verità, riconosciuta, era il primo passo per liberarsene.
La resistenza si alimenta dell'immobilità totale. "Se cambio devo cambiare TUTTO subito, quindi meglio rimanere ferma."
Prova il micro-movimento. Qual è il più piccolo passo possibile che puoi fare nella direzione del cambiamento che desideri? Così piccolo che passa sotto il radar della resistenza?
Non "lascio il lavoro". Ma "aggiorno il curriculum". O anche solo "leggo un'offerta di lavoro".
Non "lascio la relazione". Ma "passo una sera alla settimana da sola per capire cosa sento davvero".
Il corpo si abitua ai micro-movimenti. E dopo un po', ciò che sembrava impossibile diventa fattibile.
Nelle classi di bioenergetica usiamo questo principio costantemente. Non "rilassa le spalle" (impossibile per un corpo cronicamente teso). Ma "muovi le spalle di mezzo centimetro in più rispetto a ora". E poi un altro mezzo centimetro. E un altro ancora.
Prendi carta e penna (sì, carta e penna, non il computer) e scrivi una lettera alla tua resistenza.
Prima parte: "Cara Resistenza, ti riconosco. So che sei qui per proteggermi da..."
Seconda parte: "Ti ringrazio per avermi protetto da... per tutto questo tempo."
Terza parte: "Ora però ho bisogno di cambiare. Cosa possiamo fare insieme perché tu possa sentirti al sicuro mentre io faccio questo passo?"
C'è qualcosa di potente nello scrivere a mano. Attiva un dialogo tra parti di te che di solito comunicano poco.
Una volta, dopo questo esercizio, una persona ha scoperto che la sua resistenza aveva paura di deluderla. "È stato strano, ma è come se avessi capito che la parte di me che mi bloccava stava solo cercando di non farmi male."
C'è un'ultima verità da dire, ed è forse la più difficile da accettare.
Tutto cambia. Sempre. Comunque.
La domanda è: come cambierai?
"La vita è ciò che ti accade mentre sei impegnato a fare altri progetti." – John Lennon
Puoi resistere, aggrapparti, combattere. Puoi costruire muri sempre più alti intorno alle tue certezze. Ma un giorno – per un evento esterno, per un crollo interno, per la semplice usura del tempo – anche quelle certezze crolleranno.
Oppure puoi scegliere di danzare col cambiamento invece di combatterlo.
Nelle costellazioni familiari c'è un momento che si ripete spesso. La persona che ha resistito per anni finalmente lascia andare. E sai cosa succede? Si ritrova. Più leggera. Più vera. Più viva.
Il paradosso è questo: abbiamo talmente paura di perdere noi stessi nel cambiamento, che perdiamo noi stessi nella resistenza.
Quante versioni di te hai seppellito per rimanere "quello/a di sempre"? Quante possibilità hai sacrificato per mantenere la sicurezza di ciò che conosci?
Ti sto invitando a notare dove resisti. E a chiederti perché.
Quella resistenza che senti è l'ultima difesa di una parte di te che ha paura. E quella parte merita compassione, dialogo, ascolto.
Se inizi ad ascoltarla invece di combatterla, scoprirai che il cambiamento che temi è anche quello che desideri più di ogni altra cosa.
Se senti che è il momento di esplorare le tue resistenze in uno spazio sicuro:
🫁 Classi di Bioenergetica – Giovedì 20:00-21:30, Modena da ottobre
✨ Meditazioni di Guarigione – Ultimo martedì del mese da ottobre
🏠 Costellazioni Familiari Online – Primo martedì del mese da novembre
Contatti:
📱 347 3892972
📧 giorgia_marchesi@hotmail.com
📷 Instagram: @giorgiamarchesi_oltresalute